È una tendenza in forte sviluppo, quella delle “private label”, o meglio per dirlo con termini italiani delle “marche private”, cioè prodotti o servizi solitamente realizzati o forniti da società terze (fornitore di marca industriale o terzista vera e propria) e venduti con il marchio della società che vende/offre il prodotto/servizio (distributore). Nel passato erano anche chiamati "white label" (etichette bianche) in quanto la marca offerta da Sainsbury (catena di supermercati inglese) era appunto un'etichetta bianca su cui era scritto il semplice nome del prodotto.
Il secondo reporet “Times & Trends – Global Private Label 2008” di Iri Infoscan rivela che il retailer investono sempre di più sui prodotti a marchio proprio nel largo consumo con confezioni particolari, riconoscibili, ma piuttosto semplici, per differenziarsi dai concorrenti. Una strategia che si rivela vincente perché i consumatori attratti da un risparmio medio del 20-25% rispetto ai marchi più conosciuti, si orientano sempre più frequentemente verso questi prodotti. Un fenomeno confermato dai dati relativi al 2008, in Italia le vendite di “etichette private” sono aumentate del 13,4% rispetto al +1% del 2007.
A pochi giorni dalla Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici svoltasi a Roma il 12 settembre sotto l'egida del Ministero dell'Ambiente, in rappresentanza della Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea
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