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29/09/2014

L’EFFETTO BOOMERANG DELL’ANTIDUMPING

I dazi sulle importazioni di bulloni in ferro e in acciaio inossidabile dalla Cina sono alti. E c’è chi aggirando le regole penalizza le aziende serie

di Massimo Grazia (Udib - Unione distributori italiani bulloneria)

Si è riunita di recente, al Modern Art Museum Cà la Ghironda di Zola Predosa, nei pressi di Bologna, l’Assemblea dei soci di Udib. Tra i tanti argomenti oggetto di discussione, i rappresentanti delle aziende associate hanno fatto il punto sulla situazione dei dazi doganali e i relativi controlli sulle importazioni da parte delle autorità italiane ed europee. Nel nostro continente, sulle importazioni di bulloni in ferro e in acciaio inossidabile dalla Cina, dal 2009 esiste un dazio antidumping che fino al 2012 era dell’85% sul valore del prodotto importato; tale dazio è stato poi rivisto nel 2012, con l’abbassamento al 74,1%. Tanti associati ritengono che un valore così elevato sia fuori da ogni realtà economica e di mercato. Questa situazione sta creando grossi problemi a importatori e distributori, in quanto sta riducendo (e quasi annullando) redditività e margini delle imprese, mettendo così a rischio la sopravvivenza delle stesse. Il settore dell’importazione, della distribuzione e della vendita di fasteners in Italia conta centinaia di aziende, dando occupazione a migliaia di persone. Paradossalmente, questo dazio doganale, pensato per tutelare le aziende europee produttrici di fasteners, di fatto non è riuscito nell’intento. Oggi è fuori di dubbio che, soprattutto in settori come quello della viteria in acciaio inox, si siano avvantaggiati molti produttori non cinesi ed extra europei, i quali, essendo fuori da questa “guerra commerciale”, sono riusciti a diventare quasi monopolisti su tantissimi prodotti. Il dumping, occorre ricordarlo, lo pagano le imprese che importano e alla fine i costi ricadono sull’utilizzatore finale.

 

Una “triangolazione” irregolare
Una politica di protezione dei mercati funziona quando la capacità produttiva dei Paesi che usufruiscono di questo beneficio sono in grado di far fronte a buona parte della richiesta che arriva dal mercato. Questo in Europa è assolutamente distante da una realtà che negli ultimi dieci anni ha visto, anche a causa di una profonda crisi che ha investito l’intero continente, una riduzione drastica delle imprese produttrici di fasteners. L’offerta interna, quindi, non copre la domanda. La situazione attuale vede i distributori che, per poter proseguire la propria attività, hanno dovuto rivolgersi ad altri mercati che non fossero quello cinese. In tutto questo le imprese cinesi, per poter continuare a lavorare, hanno iniziato a esportare bulloneria prodotta nel proprio Paese attraverso Stati terzi, creando casi di cosiddetta “triangolazione” per evitare di non essere competitive e di venire escluse dai mercati. Di fronte a questa situazione, l’Unione europea e le autorità doganali hanno posto in essere indagini anti-elusione, che hanno comportato sanzioni milionarie per i distributori europei senza che essi, in molti casi, fossero in alcun modo coinvolti in operazioni illecite. Sebbene vi siano state segnalazioni a ogni livello, le operazioni di esportazione di bulloneria cinese attraverso Paesi terzi continuano e i distributori non hanno alcun mezzo per difendersi. Sdoprattutto in questo momento, le imprese distributrici, e paradossalmente anche i produttori, sono costrette a importare da nuovi mercati, data la scarsa disponibilità di materiale. In questo modo, però si espongono a elevati rischi, in quanto ignari della reale provenienza del prodotto acquistato.

 

Procedure lente nei porti italiani
La situazione in Italia è resa ancora più complicata dalla disinformazione degli agenti doganali che, loro malgrado, bloccano container che non hanno nulla di irregolare, rallentando le forniture agli importatori e creando grossi disservizi ai loro clienti. Gli associati di Udib non chiedono meno controlli; chiedono semplicemente alle autorità competenti che i tempi di transito e di sdoganamento siano uguali in tutta Europa. Senza un’armonizzazione delle dogane, infatti, le imprese nazionali che utilizzano i porti italiani perdono competitività nei confronti dei mercati esteri, con danni per le aziende stesse e per tutto l’indotto. Questo comporta che alcune grosse realtà europee del settore, oggi, godano di un vantaggio competitivo anche per questa situazione.

 

L’Italia è in ripresa, ma c’è il problema dei margini

In un momento così delicato per l’economia, il mercato italiano dei fasteners nei primi mesi del 2014 sta comunque dando qualche timido segnale di ripresa. Occorre utilizzare tutti gli strumenti possibili per poter tornare a crescere e fare investimenti. Tutte le aziende associate hanno visto infatti aumentare vendite e fatturati rispetto allo scorso anno, anche se il grosso problema rimangono i margini. Senza margini, infatti, diventa impossibile investire, creare nuova occupazione e far ripartire il Paese.



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