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14/09/2012

"I NOSTRI BRAND SONO COME DEI FIGLI", PAROLA DEL NUOVO PRESIDENTE FERRITALIA

Bergammasco, titolare dell'azienda di famiglia Ferramenta Adda, ha cinque figli e una grande passione imprenditoriale: Giorgio Amigoni succede a Marco Fabrizio nella presidenza di Ferritalia

Giorgio Amigoni, nuovo presidente Ferritalia, racconta a Ferramenta Portale qual è la sua strategia per portare avanti al meglio la più grande impresa di ferramenta italiana

Quale sarà la sua prima missione da presidente?

Mi piacerebbe che la Ferritalia diventasse ancora più forte e più bella. Quello che oggi rappresentiamo è frutto di un lavoro di anni che soci e collaboratori hanno fatto e continuano a fare ponendosi sempre nuove sfide con l’umiltà di chi sa che c’è sempre molta strada da fare. Il nostro gruppo fattura circa 300 milioni di euro, è una buona base…possiamo ancora crescere.

In un mercato così frammentato come quello attuale cosa riesce a tenervi uniti?

La Ferritalia è nata per la stima che i soci avevano tra di loro e per la certezza che fare business insieme potesse portare risultati migliori alle singole aziende. Oggi questi due principi sono ancora vivi tra di noi e si sono tradotti in marchi di proprietà: Maurer, Papillon, Yamato e Dunker che certamente favoriscono l’unità del gruppo. Questi marchi sono un po’ come dei figli, man mano che crescono aumentano l’esigenza di avere una propria immagine, una propria identità, un proprio posizionamento sul mercato e qualche volta noi soci li dobbiamo lasciare crescere con una certa autonomia.

Prevede l’ingresso di nuovi soci dopo l’uscita di Machieraldo dal gruppo Ferritalia?

Non per il momento; l’ingresso di nuovi soci non è una priorità. Tutte le zone sono attualmente occupate e ben servite.

Avete già un socio in Spagna, è vostra intenzione espandervi ancora, magari verso est?

Con la famiglia Acuyo la Ferritalia vanta un’amicizia molto lunga e l’unità di intenti ha avuto modo di maturare nel tempo. La Ferritalia ha una sua natura che non vuole perdere, l’eventuale ingresso di nuovi soci è pertanto un percorso non rapidissimo e come ripeto non prioritario.

Le private label Ferritalia hanno acquisito un discreto livello di notorietà, come ci siete riusciti?

Ci siamo riusciti prima di tutto presentando dei prodotti di qualità: siamo convinti che degli articoli affidabili e con un giusto prezzo siano il miglior biglietto da visita. Possiamo contare su dei marchi che hanno una buona visibilità e “reputazione”ed è una posizione di vantaggio che vogliamo mantenere. Avere uno o più marchi propri è un’opportunità che va sostenuta con strategie comuni. Un altro nostro punto di forza è la comunicazione, ci siamo fatti un “nome” anche attraverso cospicui investimenti in pubblicità e comunicazione e siamo riusciti a farci conoscere sia nelle rivendite tradizionali, sia al grande pubblico attraverso spazi pubblicitari nei maggiori quotidiani sportivi, come la Gazzetta dello Sport, il Corriere dello Sport , Tutto sport e generalisti come Corriere della Sera e Repubblica.

Quale è il principio di selezione dei nuovi prodotti distribuiti da Ferritalia?

Come dicevo prima un marchio quando cresce sviluppa una sua identità e quindi richiede una “coerenza” sia qualitativa che di gamma. Per questo siamo molto attenti nel selezionare i prodotti per i nostri marchi. Soci e collaboratori Ferritalia propongono, analizzano e decidono quali prodotti distribuire monitorando il mercato italiano, europeo e asiatico.
Anche in base alla sua esperienza di titolare di Ferramenta Adda, quali sono i settori più in crisi?
Il settore professionale e il mercato dell’edilizia soffrono di più.

Quali sono i più grossi ostacoli per il suo lavoro?

Mi piace pensare che gli ostacoli siano la condizione per favorire il miglioramento delle aziende e delle persone però….se ci fosse una pressione fiscale più accettabile, delle infrastrutture e servizi più adeguati, delle politiche che non “puntino” solo a sottrarre liquidità alle imprese ma che provassero a favorire lo sviluppo non sarebbe male. E insieme a questo mi piacerebbe vedere “gli occhi della tigre” in noi imprenditori, il desiderio di ricominciare di ripartire.



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