Dopo tanti anni di previsioni sbagliate e di continue rettifiche sui dati che di volta in volta vengono pubblicati, un po’ tutti ci siamo resi conto che l’economia è tutt’altro che una scienza esatta. Negli ultimi mesi del 2013, infatti, leggendo i giornali e ascoltando i notiziari ci si era illusi che il nuovo anno avrebbe portato finalmente l’Europa fuori da una situazione di crisi. Un solo dato, senza entrare troppo nei dettagli, fotografa bene la situazione: è quello pubblicato a metà del 2013 sul sito della Commissione Europea, che riportava: “Nel 2014 è prevista un’espansione dell’attività economica dell’1,4% nell’UE e dell’1,2% nell’eurozona”. Passati i primi quattro mesi del 2014 ci si è resi conto che la realtà è decisamente molto diversa. Infatti, a eccezione della Germania e dell’Inghilterra, dove si è registrata una crescita rispettivamente del 2,5% e del 3,1%, in tanti altri Paesi la situazione è completamente diversa. Si passa dal +0,8% della Francia al +0,6% della Spagna. Drammatico il dato dell’Italia, che con un Pil a -0,5% f igura tra i peggiori Paesi d’Europa.
L’Italia si risolleverà?
La domanda che tutti si fanno è se la tanto evocata ripresa ci sarà oppure no anche per il nostro Paese. Incrociando i dati del Pil con quelli del tasso di disoccupazione, che è a livelli altissimi (quasi al 13%), e se si aggiungono un’inflazione che rischia di diventare deflazione e una stagnazione degli investimenti, non è facile dare una risposta a tale quesito. A livello europeo ci si è resi conto che questo è un momento delicatissimo, non soltanto per l’Italia, dove la posta in gioco è molto alta, quella cioè di dare una spinta nella direzione della ripresa e agganciarla. Se così non fosse, si correrebbe il rischio di trovarsi nuovamente in una spirale da cui, anche la struttura stessa dell’Unione Europea e del sistema Euro, sarebbe in pericolo.
Serve il sostegno della politica
Il settore manifatturiero (i dati della produzione industriale di giugno rilevano un aumento dell’1,6% su base annua), sebbene viva in questo contesto drammatico, è forse l’unico che sta tentando di reagire. Non potrà però farlo da solo. Non bastano infatti le esportazioni, che lo stanno sostenendo. Non sono sufficienti le idee e la tenacia degli imprenditori, così come non lo sono le notevoli professionalità di chi lavora e opera quotidianamente all’interno delle aziende. Infatti, occorrono anche politiche serie: da quella fiscale, che riduca i costi d’impresa e stimoli gli investimenti, a quella che favorisca una flessibilità del lavoro che consenta di seguire gli andamenti di mercato. Occorre dare un taglio, serio, concreto e visibile a una burocrazia che in Europa non ha assolutamente confronti. Occorre un sistema bancario che sia stimolato a sostenere le imprese e non ad acquistare titoli di debito pubblico. Infine, la priorità è far ripartire il mercato interno. Come associazione, noi di Udib crediamo di ricoprire un ruolo importante: il contributo che possiamo e vogliamo dare è continuare a lavorare, come facciamo da anni, per far conoscere in Italia e nel mondo le aziende associate, cercando di portare avanti problematiche comuni attraverso il confronto con istituzioni pubbliche e private. Non ultimo, abbiamo l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito creando convenzioni con banche e consorzi fidi.
di Massimo Grazia
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